Emozioni e parole

Di sicuro tra italiani e giapponesi le differenze sono molte.

Per alcuni stati d’animo i giapponesi hanno un termine preciso che non ha un corrispettivo da noi.

Come tradurre certe espressioni emozionali?

Per esempio l’amae, l’emozione di essere dipendente, protetto e curato in una relazione; il fureai, la connessione emotiva tra persone di differente età, gruppo e professione all’interno di una comunità; l’oime, una sensazione di indebitamento morale.

La gestualità non è la stessa: noi per mostrare attenzione e interesse guardiamo negli occhi, invece in Giappone abbassano lo sguardo o socchiudono le palpebre.

Di conseguenza anche la comunicazione virtuale è differente, a cominciare dalle emoticons o smiley, le faccine che riproducono le espressioni corrispondenti alle emozioni, sintetizzate utilizzando i segni di interpunzione. Gli occidentali, che leggono gli stati d’animo dalla bocca, usano emoticon che enfatizzano la mimica labiale: con 🙂 viene indicata la contentezza. I giapponesi invece, che si concentrano sugli occhi, la esprimono così: ^_^

Queste distanze, però, non sono mai incolmabili.

«Ci saranno pure differenze, ma in definitiva tutti gli uomini hanno un nucleo emotivo comune», sostiene Antonietta Pastore. «La letteratura attinge alle similitudini più che alle differenze. Perciò, nonostante tutto, sono meno difficili da trasmettere le emozioni rispetto agli aspetti pratici, quotidiani e culturali».

Ancor più intransigente Giorgio Amitrano: «Non credo che le emozioni siano diverse, la differenza sta nel modo di esprimerle. E non sono d’accordo sul fatto che parole come amae, fureai e oime non abbiano un equivalente in italiano. È solo che le corrispondenze non sono perfette. Del resto, c’è forse una simmetria assoluta tra kind e “gentile”?». E forse, per colpa della distanza e della mancanza di conoscenza, si sono enfatizzate differenze che in realtà non sussistono.

Dice ancora Antonietta Pastore: «Tra i pregiudizi più sbagliati c’è quello secondo il quale i giapponesi sono freddi e anaffettivi. Invece sono sentimentali. Anzi, a volte hanno la lacrima facile! Ho visto manager di ghiaccio sciogliersi in lacrime, magari davanti alla scena romantica di un film, cosa che da noi in occidente è poco comune e neppure particolarmente accettata…».

——————————————— Tratto dal n’ 195 di MERIDIANI

Antonietta Pastore: docente, scrittrice e traduttrice delle voci più importanti della letteratura nipponica

Adriana Boscaro: ha insegnato letteratura giaponese all’università Ca’ Foscari (Venezia)  scrittrice e traduttrice.

Giorgio Amitrano: docente di lingua, cultura e letteratura all’università di Napoli, scrittore e traduttore. Vinse nel 2008 il premio Grinzane Cavour per la traduzione.